Terminal Mario Dondero – Fermo 2020
Diego è un amico. Ci conoscevamo da anni virtualmente, poi nel 2018 ci incontrammo in occasione della tre giorni di Orvieto organizzata dal FIOF, dove io ero uno dei conferenzieri.
Parlammo un pò di molti argomenti, dallo stato della fotografia al nostro modo di intendere e vivere questo mondo. Ebbi modo di conoscere un ragazzo riflessivo, autenticamente professionale e supportato da un importante bagaglio culturale che certamente lo aiuta nella nostra professione, che non dimentichiamo, richiede una sensibilità particolare per poter essere esercitata al meglio.
Ho deciso che dovesse essere lui il primo intervistato su questa rubrica.
Perchè poteva farci conoscere più da vicino la figura di un gigante della fotografia Italiana, Mario Dondero.
E perchè, oltre ad essere lui stesso un professionista della fotografia, mi interessava chiedergli qualcosa su un tema molto importante: la preservazione degli archivi fotografici in Italia.
Credo ne sia venuta fuori una bella intervista, ma sarete voi stessi a giudicare.
Diego: Si è da un po’ che sono qui a prendermi cura della scansione dei suoi negativi, del restauro e della preparazione dei file per la stampa finale. Un lavoro in cui spesso non devi guardare l’orologio … devi avere un impulso dal basso, dall’alto, non so che ti spinge a farlo.
Ogni volta che inizio un nuovo progetto su Mario, anche se la prima volta è lontana, ci sono quei 4/5 giorni, i primi, in cui vieni assalito non dalla paura, ma dal timore di non essere in grado di superare anche quella asticella.
Certo il personaggio che vai a toccare non è proprio facile, per ciò che ha mosso e che muove, ma soprattutto per le aspettative che crea negli altri… però ho avuto modo di conoscerlo, di starci insieme, era molto accomodante e ti tranquillizzava con le sue parole.
Tra me e le sue immagini si crea una sorta di intimità che esclude tutto il resto, dandomi quella giusta preoccupazione ma una scioltezza lavorativa che ad ora mi ha permesso sempre di giungere a buoni risultati.
Mario Dondero – Sorrisi dall’autobus – Cuba 1992
Alex: Quale è stata la motivazione che ti ha spinto a prenderti a cura l’archivio di Dondero?
Diego: L’archivio Dondero, per volontà di Mario doveva essere conservato e custodito presso la Fototeca di Fermo, e lui stesso nel 2014 firmò il contratto. All’epoca erano già tre anni che collaboravo con la Fototeca, occupandomi principalmente di digitalizzazione ed altri aspetti tecnico-pratici inerenti sempre ai fondi fotografici storici, quindi diciamo che prendermi cura dell’Archivio Dondero rappresenta per me una ciliegina sulla torta, dopotutto la fortuna aiuta nella vita, no?!
Mario Dondero – Paternità – Dakar, Senegal 1970
Alex: Chi era Mario Dondero?
Diego: C’è una frase del Maestro che continua a tornarmi in mente, questa: “Non è che a me le persone interessino per fotografarle, mi interessano perché esistono. Diversamente, il fotogiornalismo sarebbe soltanto una sequenza di scatti senz’anima.”
Credo che sia riuscito a condensare in due righe quella che è l’essenza del fotografo etico ed empatico. Questo non sempre avviene, purtroppo.
Vediamo fotografi che fanno di tutto pur di portarsi a casa uno scatto, ma della storia delle persone fotografate non gliene importa poi molto…
Mario Dondero – Graffiti – L’Avana, Cuba 1992
Alex: Tu sei un fotografo che si divide tra matrimoni e fotografia documentaristica. Credi che in qualche modo il lavoro fatto sull’archivio di Mario Dondero influenzi adesso la tua visione? Se sì, in che modo?
Diego: Oltre a matrimoni e fotografia documentaristica non disdegno neppure bimbi e pancioni di mamme in dolce attesa. Credo che gli approcci del fotografare si modellino anche in base a ciò che hai davanti …
Sicuramente dal punto di vista prettamente documentaristico, Mario e le sue foto mi hanno insegnato che si possono raccontare storie non essendo un fotografo d’assalto …andando in un luogo dove è avvenuto un particolare evento non proprio nei giorni in cui tutti i media ne parlano, anzi, forse riesci a trovare qualcosa di diverso e interessante proprio quando la notizia si è sedimentata.
In altre parole, Dondero e le sue immagini mi hanno fatto capire che arrivare in ritardo e senza fretta di scattare, è solo un bene.
Mario Dondero – Nella cucina – Costa D’Avorio 1978
Alex: Noi abbiamo avuto modo di incontrarci in più di una occasione. Ho conosciuto una persona molto riflessiva e che medita sulle cose da fare per poterle fare nel modo migliore possibile.
Credi che questa tua caratteristica si rifletta anche sul tuo fotografare?
Diego: Beh hai fatto centro, rifletto in tutto ciò che faccio! Occupandomi anche di fotografia commerciale e di eventi, essere riflessivo e ponderato mi aiuta molto, anche se non nego di aggiungere un pizzico di irrazionalità… infatti, a volte, sono il contrario di come mi descrivi.
Prediligo fotografare “facendomi portare dal flusso” di ciò che mi circonda, amo un’immagine pulita, snella che possa rappresentare quel particolare mio stato che si riflette sugli altri.
Certo è però… non puoi sempre cavalcare l’onda del flusso, altrimenti non mangi.
Mario Dondero – Sergio Lombardo, il pittore nel suo studio – Roma 1961
Alex: Dopo averti chiesto chi era Mario Dondero ti chiedo: chi è Diego Pizi?
Diego: Chi sono? Boh, sono anni che me lo chiedo… Uno come tanti che ha sempre creduto e crede in ciò che fa, magari aiutato da un “quanto basta” di fortuna. Un tizio che se vuole una cosa, se la va a prendere, con educazione e rispetto, ma anche con forza e determinazione.
Un individuo che sta provando a raggiungere ciò che voleva, occupandosi di fotografia ad ampio spettro.
Ma soprattutto una persona che, se a volte qualcosa non va, ricerca in se stesso gli errori, non negli altri.
Alex: Tu sei anche responsabile tecnico scientifico presso la Fototeca Provinciale di Fermo. In cosa consiste il tuo lavoro?
Diego: All’interno della struttura mi occupo di digitalizzazione: scansione e/o fotoriproduzione; restauro digitale oltre ad un approccio basico sul restauro vero e proprio.
Post-produzione; catalogazione; conservazione e valorizzazione dei manufatti fotografici.
Nel prossimo futuro andrò anche ad occuparmi, insieme ad altri, della gestione e della didattica sulla camera oscura. Un laboratorio tecnico-pratico, voluto dai dirigenti, che, tempo pochi mesi, prenderà vita.
Alex: Molti fotografi Italiani, da Gianni Berengo Gardin a Ferdinando Scianna, da Piergiorgio Branzi a Lisetta Carmi hanno denunciato il problema della preservazione e cura degli archivi fotografici in Italia.
Come pensi possa trovare soluzione questo stato di cose? Sei ottimista, o pensi che siano a rischio documenti preziosissimi della nostra storia?
Diego: Qui vorrei fare un preambolo iniziale, una premessa che forse mi spinge oltre, anche se quello che sto per dire potrebbe rappresentare una ulteriore risposta alla domanda.
Oltre che di archivi fotografici pubblici, negli anni mi sono occupato di molti archivi fotografici privati… tanti di questi oggi sono a rischio, soprattutto se nelle mani degli eredi, questo per un semplice motivo: tutti credono di aver avuto in casa “un Raffaello”, tanto per fare un paragone simpatico, ma in realtà avevano al loro fianco un bravo pittore.
Quindi sono convinti che trasformare le opere in contante sia la cosa fondamentale.
Secondo il mio parere, sarebbe opportuno invece tenere un comportamento tale da non far dimenticare la figura dell’artista, sia a livello locale sia nazionale, essere collaborativi nel senso più ampio del termine, poi anche se non stiamo parlando di un Mario Dondero, di una Lisetta Carmi o di un Gianni Berengo Gardin, i guadagni saranno una diretta conseguenza.
Torniamo a noi, sicuramente il problema di preservare gli archivi fotografici è realmente esistente. Il primo passo da compiere riguarda la preservazione dell’unità dei fondi, si dovrebbe evitare di smembrarli o polverizzarli.
Altro elemento importante concerne il fatto di farli rimanere sul suolo d’origine, quindi in Italia, e per far ciò, c’è bisogno da parte della Soprintendenza Archivistica di una valutazione del materiale e successivamente un provvedimento dichiarativo di interesse storico particolarmente importante.
Soltanto questa dichiarazione vincola i manufatti fotografici, insieme agli altri documenti corollari, a risiedere in Italia. Sono comunque ottimista per il prossimo futuro, qualche anno fa infatti (2017) era stata posta un’alta attenzione mediatica sugli stati generali della fotografia, con un focus particolare sulla fotografia storica; ad oggi sembra tutto svanito nel nulla, ma in realtà non è così.
L’allora Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, costituì una cabina di regia per tutelare, valorizzare e diffondere la fotografia in Italia come patrimonio storico e linguaggio contemporaneo. Poi le vicende politiche che sono seguite hanno cambiato le carte in tavola, ma adesso lo stesso Ministro, prima citato, ha ripreso il suo posto dal 5 settembre 2019, quindi…
Alex: Mi piacerebbe concludere questa intervista chiedendoti quali sono i tuoi prossimi impegni, tanto come fotografo che come curatore di fotografia
Diego: Il futuro lo vedo esattamente come vivo il presente: impegnato sia nell’ambito commerciale sia storico; anche se nell’ultimo periodo percepisco sentori che mi vedranno maggiormente preso dalla fotografia d’archivio, e quindi da tutte quelle attività ad essa connesse.
Mi occuperò poi, come avviene da circa un anno, della realizzazione di articoli pertinenti al mondo della fotografia sul portale FIOF . Oltre a questo, non vorrei perdere di vista l’aspetto documentario dell’immagine fotografica, impegnandomi sia in Italia che all’estero.
da Reflex Mania – Fotografare con passione